Il mistero dell’orologio astronomico di Crema

9 Giugno 2015

Il seguente articolo è stato pubblicato da noi nel numero di giugno 2011 della rivista La voce di Hora (Associazione Italiana Cultori di Orologeria Antica).

Non capita spesso di trovarsi dinanzi alla copia di una lettera del 1752 nella quale si denuncia la controversia sulla paternità di un orologio costruito qualche anno prima.
Sulla base di quanto è in essa riportato ci inoltreremo in un’approfondita ricerca nella speranza di venire a conoscenza di maggiori dettagli su questo caso alquanto curioso.

credo si possa affermare senza alcun dubbio che il corso della scoria sia stato caratterizzato dalle gesta e dalle imprese di uomini, ma anche dalle loro dispute, contese e rivalità, capaci di perdurare anni o addirittura secoli e dalle quali, in seguito, si sono generate ‘correnti’ – affiliate a un personaggio o a un altro – pronte ogni giorno a elaborare teorie e mostrare documenti che supportassero le loro idee e declassassero quelle dell’opposta fazione. Storicamente, potremmo fare l’esempio del contenzioso che si aprì fra Antonio Meucci e Alexander Graham Bell, oppure di quello tra Guglielmo Marconi e Nikola Tesla. O, ancora, avvicinandoci all’argomento della misurazione del tempo, della disputa – pur oramai quasi appianata, sull’effettiva paternità dell’invenzione del pendolo tra Galileo Galilei e Christiaan Huygens -, come possiamo non ricordare l’accesa rivalità fra Ferdinand Berthoud e Pierre Le Roy, oppure, oltrepassando la Manica, gli scontri fra Thornas Earnshaw e John Amold?
Su tutti questi dualismi, immagino, sarebbe possibile riempire pagine su pagine, ma in questa sede ci troveremo ad affrontare una contestazione dai toni pacati, ma senza dubbio interessanti e per farlo ci sposteremo nell’Italia della metà del ‘700. Più precisamente, nella cittadina di Crema.
Tutto ebbe inizio qualche mese fa, allorché ci capitò di visionare una lettera dalle pagine ingiallite e dai bordi visibilmente lisi. La lettera in questione, tenuta assieme da una semplice rilegatura, riportava la data del 3 Aprile 1975 ed era stata edita nello stesso anno a Firenze dalla stamperia di Francesco Moücke.
L’autore di cui conosciamo solamente le iniziali N.N., rivolgendosi al suo interlocutore, di cui non menzionava il nome, scriveva a proposito di una notizia pubblicata qualche anno prima su una rivista dell’epoca: le Novelle Letterarie.
La rivista cui egli faceva riferimento era un periodico di lettere e di scienze diffuso a Firenze tra il 1740 e il 1769, il cui fondatore fu l’abate Giovanni Lami. Dopo alcune ricerche, sono riuscito a reperirne la copia digitale dell’originale in cui appariva l’articolo che riguarda proprio questo caso.
L’articolo era apparso a pagina 217 del n.1 del 3 Gennaio 1749(1) (edito dalla Stamperia della SS. Annunziata) e prendeva in esame due orologi costruiti da un certo monaco cistercense, P. D. Simplicio Griglione. Di seguito alla notizia delle sue invenzioni, veniva allegata anche una minuziosa descrizione delle funzionalità dei due meccanismi: il primo dei due indicava sia le ore e i minuti astronomici(2) che le ore e i minuti italiani(3) attraverso l’utilizzo di un’unica lancetta. Esso mostrava inoltre il sorgere e il calare del Sole, le fasi della Luna e in quali segni zodiacali tali astri si trovassero.
Vi erano disposte anche le indicazioni della stagione, del mese, della data e del giorno della settimana senza che queste lasciassero confuso chi le osservava: “[ … ] nientemeno però tale è la distribuzione delle sue parti, che il tutto in una sola occhiaia senta ingombro si vede“.
Il secondo orologio, oltre all’indicazione delle ore e dei minuti, presentava al centro il Sole – come da sistema copernicano, con buona pace del già citato povero Galileo – attorno al quale la Terra si muoveva come stabilito dalle leggi di Keplero.
Alla fine dell’articolo, dopo avere omaggiato il genio costruttivo del monaco, veniva esposta l’intenzione di Griglione di donare un suo orologio a uno dei principali sovrani d’Europa.
Cercando altre informazioni, ho scoperto che il medesimo articolo venne incluso in un’altra pubblicazione, questa volta spagnola: la Carias Emdiras Y Curiosas(4). In essa erano prese in esame le nuove invenzioni del secolo, tra le quali erano annoverate ed esaltate le funzionalità dei due orologi di Griglione.
Ora per i lettori la domanda potrà sorgere spontanea: dove è la controversia?
Ebbene, l’autore della lettera portava in auge il nome di Domenico Crespi come vero e unico inventore del meccanismo dell’orologio di cui Griglione si fregiava di essere l’inventore.
Domenico Crespi (1703-1765) fu un rinomato orologiaio di Crema, la stessa città in cui Griglione risiedeva assieme alla sua Confraternita. Egli non fu solo uno stimato costruttore di orologi (vedi a esempio il meccanismo dell’orologio della Torre Civica di Lonato del Garda); ma, come da tradizione di famiglia (quella dei Crespi è stata sin dal XV secolo una delle famiglie più importanti nell’arte campanaria), fu anche un rinomato fonditore di campane e uno dei nomi determinanti per l’introduzione nel territorio lombardo dei concerti di campane in scala musicale diatonica maggiore.
Purtroppo ho trovato poche notizie del lavoro di Crespi come orologiaio; ma, per vedere come fosse già avvezzo alla costruzione di meccanismi astronomici possiamo ammirare nel libro Orologi dal ‘500 al ‘800 di Antonio Simoni, edito da Antonio Vallardi Editore, un orologio da lui realizzato e firmato Dominicus Crespi Cremensis invenit et fecit.
Tornando a quanto l’anonimo autore scriveva nella sua lettera, poiché proprio attorno a queste asserzioni e tante altre ‘ruota’ questa nostra ricerca, vorrei riproporvi questa sua dichiarazione: “lo per me sò di certo, e lo sà meco la Città tutta di Crema, anche troppo, che la bella mente del Crespi ne fu la vera e solissima inventrice, senza che il P. D. Simplicio siasi neppure giammai sognato un dente delle ruote, che aggirano tutta la macchina“.
Ovviamente non abbiamo la possibilità di interpellare i cittadini di Crema sulla fondatezza di queste parole, ma proseguendo nella lettura del testo è interessante scoprire che l’orologio in questione si trovava già da ben cinque anni esposto nella bottega del Crespi, ovvero un anno (o poco più) prima della pubblicazione dell’articolo sugli orologi di Griglione nelle Novelle Letterarie! Inoltre, sempre l’autore rivelava di un aneddoto in cui i medesimi confratelli di Griglione, dinnanzi al Signor Marchese Teodoro Trìvulzio di Milano (un discendente di una importante famiglia patrizia milanese), avessero dichiarato apertamente che il Crespi era il solo e unico inventore dell’orologio astronomico pubblicato sulla Gazzetta di Milano(5).
Ci è dato sapere, infine, che gli stessi monaci invogliarono il Signor Marchese a richiedere al Crespi di realizzargli un orologio simile, il quale prontamente si apprestò a esaudire la richiesta del nobiluomo.
A questo punto c’è da chiedersi come Griglione si possa essere appropriato dell’invenzione.
Dunque, nella sua lettera l’autore raccontava di come Griglione, vista la bella creazione del Crespi nella sua bottega, se ne fosse immediatamente innamorato. Volendo quell’oggetto per sé iniziò a contrattare sul prezzo, ma senza riuscire nell’intento. Qui Griglione ebbe l’idea – a parer mio quasi geniale – di pagare il Crespi ‘a giornata’ per sbozzarne le componenti, cosicché il monaco stesso infine le avrebbe rifinite, ottenendo in tal modo il ‘suo’ orologio.
Ora, non si sa chi abbia divulgato la notizia che l’invenzione fosse di Griglione. Che sia stato egli stesso, un confratello o una persona estranea ai fatti: probabilmente non lo verremo mai a sapere. Rimane il fatto che lo stesso Griglione, a quanto pare, non abbia mai smentito tale diceria; e anzi, ricordando l’articolo apparso sulle Novelle Letterarie, possiamo rammentare ch’egli desiderava donare una delle sue invenzioni a uno dei sovrani d’Europa.
Dovremmo anche notare e considerare l’anonimato che l’autore della lettera ha voluto mantenere. Sì, egli ha voluto esporre e denunciare questa apparente ingiustizia, ma senza rimanere allo stesso tempo troppo coinvolto.
A quel tempo Crema era sotto il controllo della Serenissima Repubblica di Venezia, un governo oligarchico ma legato allo stesso tempo alla Chiesa Cattolica. Ciò nondimeno, Griglione era un monaco cistercense, uno di quegli ordini di diritto pontificio. Ed il fatto che uno dei suoi monaci avesse realizzato strumenti scientifici di tale levatura doveva costituire fonte di notevole gradimento per la Chiesa. Pertanto posso supporre che una simile dichiarazione di smentita, o ancor peggio la diffusione della notizia di una presunta ‘appropriazione indebita’ da parte di un monaco cattolico, doveva essere un evento a seguito del quale la Chiesa avrebbe potuto probabilmente anche agire per mettere a tacere le voci, vere o no, ma pur sempre sconvenienti.
Cosa sia successo a Griglione negli anni successivi, sulla scia della sua nuova fama, non sono riuscito purtroppo a scoprirlo. Tantomeno del Crespi, la famiglia del quale, dopo diverse generazioni – ho scoperto – si trasferì in Brasile a metà del ‘900, proseguendo per fortuna la sua tradizione campanaria.
A mia modesta opinione, penso che siamo davanti a un caso di plagio di ben duecentocinquanta anni fa e spero con questo mio articolo di aver ridato un po’ di lustro al buon nome di Domenico Crespi, fonditore e maestro orologiaio, dalla mente geniale e dal carattere cupo e riflessivo.

Per concludere vi voglio descrivere brevemente il cotanto citato orologio astronomico del Crespi.
Il quadrante, raccontava l’anonimo autore, misurava ben due palmi(6) e mezzo di altezza e un palmo e mezzo di larghezza; al centro vi erano sei cerchi indipendenti (quindi delle fasce o dei quadranti, ma li continuerò a chiamare ‘cerchi’, com’è scritto nella lettera).
Il cerchio più esterno era fisso e portava incise le ore astronomiche in caratteri romani; di seguito, veniva quello con le ‘ore italiane’ a numeri arabi, il quale era invece mobile. Il terzo cerchio era suddiviso in 360 gradi, riportava i dodici segni dello Zodiaco e il suo giro completo avveniva nell’arco di un anno. Il quarto cerchio presentava una sottile lastra rappresentante l’orizzonte, dalla quale era visibile il sorgere e il calare del Sole. Il quinto cerchio, invece, riproduceva la Luna, la quale si spostava in contemporanea ad una nicchia dalla quale essa usciva piena (plenilunio), vuota (novilunio) o a metà (a seconda della quadratura). Infine, al centro dell’ultimo cerchio vi era un indice che mostrava sotto quale segno zodiacale si trovasse la Luna.
Sopra al quadrante erano disposti altri tre cerchi più piccoli. In quello centrale erano indicate: la Lettera Domenicale, il Ciclo Solare, il Numero Aureo, l’lndizione Romana e i giorni della settimana. Rispettivamente, gli altri due cerchi mostravano uno i mesi dell’anno e l’altro i giorni del mese. Va notato come il Crespi avesse già ideato un calendario quasi perpetuo, poiché esso indicava il numero esatto di giorni senza che dovesse essere rimesso a segno ogni mese. Solamente ogni quattro anni, con la cadenza dell’anno bisestile, occorreva correggerne l’errore.
Simmetricamente sotto al quadrante vi erano altri tre cerchi: quello al centro portava due sfere, una per i numeri astronomici e una per i numeri italiani (questi indicati da un doppio indice). Gli altri due cerchi regolavano il ‘suona – non suona’ delle suonerie: era possibile escludere la suoneria delle ore o dei quarti, di entrambe oppure solamente le sole mezze italiane o quelle astronomiche. L’orologio suonava anche a richiesta, oltreché al passaggio, e ogni suoneria batteva su una serie diversa di campanelli.
Il meccanismo doveva avere una carica di tre giorni e mezzo. Inoltre, dalla descrizione sembra che il Crespi avesse utilizzato un sistema simile allo stackfreed per cercare di far sviluppare alla molla una forza pressoché costante.
Qui si conclude questo nostro articolo, con la speranza di poter un giorno ammirare dal vivo questo ‘misterioso’ orologio astronomico.

Appendice
1. Per visionare la copia originale delle Novelle Letterarie da cui è tratto l’articolo vedi il seguente link: http://books.google.it/books?id=048EAAAAQAAJ&printsec=frontcover#v=onepage&q&f=false
2. Il computo del tempo iniziava nell’istante del mezzodì locale rilevabile attraverso l’uso di una meridiana.
3. Il conteggio iniziava al tramonto di ogni giorno sino al compimento della ventiquattresima ora al tramonto successivo. Col tramonto finiva un giorno e ne iniziava uno nuovo.
4. Vai al seguente link (pagina 102 del testo): http://www.scribd.com/doc/21610669/Cartas-Eruditas-Y-Curiosas-3
5. Quindi possiamo intuire che la notizia delle “invenzioni” di Griglione si erano sparse in molte città italiane, e non solo (vedi la parte sulla Carta Eruditas Y Curiosas).
6. In Italia, a seconda delle regioni, il palmo aveva valori diversi e interpretabili come la distanza tra le punte del pollice e del mignolo della mano aperta di un adulto. A Venezia, il palmo antico era l’equivalente di 37,74 cm dei giorni nostri.